Le relazioni disfunzionali nella scuola dell’infanzia:
- Simbiosi
- Spinte
- Giochi psicologici
Nel corso della quotidiana vita scolastica si manifestano spesso situazioni difficili da gestire per l’insegnante; situazioni spiacevoli a livello emotivo per gli interlocutori coinvolti come anche, a volte, per l’intera classe che assiste. Sono queste le relazioni disfunzionali che sovente accompagnano il rapporto insegnante-alunno interferendo nella relazione educativa in maniera improduttiva. I comportamenti di "sfida" degli alunni, il loro "silenzio", l’incapacità di "chiedere", di "ricevere" e di "dare", le "richieste immature di aiuto" e le relative reazioni dell’insegnante sono molte volte forme di "inganni" o di "auto-inganni" che impediscono interventi educativi efficaci e produttivi. La conoscenza di tali comportamenti può consentire all’insegnante di impadronirsi della necessaria competenza professionale, maturando un’intelligenza "emotiva" e "pedagogica", applicabile ad ogni forma di comportamento ambiguo ed insidioso. Capire dunque, al posto di giudicare le difficoltà comportamentali e sociali dei propri alunni. Tra le relazioni disfunzionali più frequenti nella vita scolastica ricordiamo quelle determinate dal fenomeno della "simbiosi", quelle prodotte da "spinte" genitoriali, quelle avviate da "giochi psicologici".
1. Simbiosi
Secondo Aaron e Jacqui Schiff la simbiosi "si stabilisce quando due persone, dipendendo l’una dall’altra, si comportano come se fossero un solo individuo e nessuna delle due energizza attivamente tutti i propri Stati dell’Io". Sebbene sia una situazione naturale e importante nello stadio orale dello sviluppo del bambino, diventa patologica nel momento in cui essa impedisce al medesimo il graduale processo verso l’autonomia, stabilendo una "eterna dipendenza". La relazione simbiotica si presenta tra persone che presentano carenze di sviluppo e limiti di funzionalità espressive, indipendentemente dalla loro età. Queste carenze emotivo-comportamentali vengono in apparenza compensate dall’altro interlocutore, dando origine ad una "illusione" di pienezza relazionale. In realtà i diversi disturbi psicologici sono dei comportamenti appresi, scaturiti da relazioni simbiotiche non risolte, contraddistinte dalla "sindrome di passività" nelle emozioni, nei pensieri e nei comportamenti. Chi tenta di instaurare una relazione simbiotica "svaluta" o "distorce" una parte della propria esperienza e cerca la causa o la soluzione dei propri problemi esclusivamente negli altri o nel destino.La simbiosi può manifestarsi in diversi modi. A livello scolastico è possibile individuare soprattutto le seguenti tipologie:- Simbiosi di primo ordine complementare, dove sono coinvolti lo Stato dell’Io Genitore e Adulto dell’insegnante e lo Stato dell’io Bambino dell’alunno: Simbiosi di secondo ordine, più complessa perché coinvolge le strutture di secondo ordine della personalità. E’ contraddistinta da messaggi ulteriori e viene attivata quando a livello funzionale sono in azione gli Stati dell’Io negativi sia dell’insegnante, sia dell’allievo. Denota dunque una realtà psicologica più complessa.
2. Spinte genitoriali
I rapporti interpersonali a scuola possono anche essere disturbati da determinati messaggi negativi, appresi in modo particolare durante la prima infanzia, ed in seguito riconfermati nel corso del tempo divenendo vere e proprie spinte genitoriali. Le spinte provengono dallo Stato dell’Io Genitore del padre o della madre. Si tratta di ordini posti all’infante come condizione per essere amato e rispettato, per sentirsi in sintonia con il mondo che lo circonda.Una volta assimilati ed interiorizzati, tali ordini danno origine a sentimenti parassiti, vale a dire a sentimenti dettati negativamente dal proprio Genitore interno ed eseguiti con il proprio Bambino Adattato negativo. Essi sostituiscono nel corso della vita i sentimenti più intimi e autentici del Bambino , limitando in tal modo la spontaneità e la libertà di espressione della personalità dell’infante. In Analisi Transazionale sono stati individuati da Kaibi Kahler fondamentalmente cinque tipi di spinte genitoriali, anche se solitamente una persona ne assimila nel corso della sua esistenza soltanto uno o due. Essi sono: "Compiaci", "Sii perfetto", "Sii forte", "Sbrigati", "Sforzati". Ne consegue che il bambino che ha assimilato di essere accettato dagli altri solo se è "obbediente", solo se è "perfetto", solo se è "forte", oppure se è "veloce" o "prova" semplicemente a fare qualcosa senza obiettivo alcuno, sarà inconsapevolmente condizionato nel suo agire: non "permetterà" a se stesso di effettuare scelte libere e diverse nelle varie situazioni, poiché avvertirà disagio e ansia andando contro l’ordine prescritto.E’ possibile individuare tali spinte nei comportamenti degli alunni, soprattutto nel linguaggio adottato, nei verbi, negli atteggiamenti, nei rapporti interpersonali. L’insegnante se è preparato a cogliere il significato celato dietro determinati atteggiamenti, sarà capace anche di intervenire positivamente, offrendo all’alunno le possibilità, le "opzioni" a sua disposizione, le "autorizzazioni" per uscire dai confini emozionali e comportamentali in cui egli è marginato.
3. Giochi psicologici
In base ai principi della Analisi Transazionale, la fame di stimoli è essenziale per la sopravvivenza dell’essere umano. Con il passare del tempo, e quindi con la crescita, la fame di stimoli si evolve in fame di riconoscimento, identificabile nel bisogno di "carezze" verbali condizionate e non, sino a divenire fame di strutturazione del tempo che accompagna l’uomo nell’intero corso della sua esistenza. Pur salvaguardando la personale "biografia" di ciascun individuo, Eric Berne individua sei modi di strutturazione del tempo, comuni a ciascun essere umano, contraddistinti da una crescente intensità del vissuto emotivo: l’isolamento, il rituale, il passatempo, l’attività, il gioco e l’intimità. I diversi modi in cui una persona struttura il suo tempo sono correlati al suo sentirsi e ritenere gli altri OK, al genere di carezze che cerca di dare e di ricevere, ai modelli di comportamento appresi. Il gioco psicologico dunque, è uno dei modi attraverso cui ciascun individuo gestisce le proprie relazioni sociali occupando il proprio tempo personale e attuando il proprio schema di riferimento esistenziale. "Il gioco psicologico è dunque una serie di transazioni complementari ulteriori (vale a dire transazioni che rivelano incongruenza tra ciò che viene detto ed il modo in cui lo si dice, cioè tra il messaggio verbale ed extraverbale), che include un cambiamento inatteso, denominato Colpo di Scena, di uno Stato dell’Io. Esso si conclude con emozioni interiori spiacevoli per entrambi gli interlocutori identificabili nel Tornaconto del gioco". Un tornaconto che tuttavia è ad un osservatore Adulto definito e prevedibile. Psicologico dunque perché ha a che fare con il dinamismo interno della persona. E’ importante ricordare che il gioco psicologico non avviene consapevolmente: il gioco avviene cioè fuori della consapevolezza dell’Adulto. Ciò vuol dire che all’inizio della comunicazione non vi è nulla di intenzionale da parte dell’interlocutore. Quindi un gioco può anche essere più drammatico di qualunque altra modalità di strutturare il tempo, proprio in virtù del suo esito inatteso e spiacevole. Esistono numerosi tipi di "giochi" normalmente giocati nei diversi contesti della vita di ognuno. Eric Berne ha presentato una classificazione sociologica dei giochi da lui individuati, raggruppandoli in "Giochi della vita", "Giochi coniugali", "Giochi sessuali", "Giochi della malavita", "Giochi dello studio medico", "Giochi buoni". Anche in ambito scolastico è possibile cogliere giochi particolarmente emblematici e frequenti, sin dalla scuola dell’infanzia. La competenza dell’insegnante a riguardo sarà determinante per riuscire a capire "cosa" avviene a livello psicologico negli interlocutori durante i momenti relazionali più spiacevoli, e "come" intervenire in termini educativi e formativi. Ne trarrà vantaggio il processo di insegnamento-apprendimento nella sua globalità, coinvolgendo insieme l’alunno e il suo insegnante.