Progetti Didattici per la Scuola dell'Infanzia

Relazioni tra docente e studente

  1. CONTESTI DI VITA E RELAZIONI
  2. LE RELAZIONI TRA DOCENTE E STUDENTE: RELAZIONI DISFUNZIONALI
  3. PROGETTI EDUCATIVI PER AIUTARE I RAGAZZI A LIBERARSI DAGLI ORDINI.

Secondo l'analisi transazionale ogni individuo, nel corso dell'infanzia, ha assimilato almeno uno dei cinque ordini individuati da Berne ed è, pertanto, condizionato nei propri rapporti interpersonali da alcune dinamiche riconoscibili.

La tendenza a riproporre il messaggio interiorizzato tipico di un certo ordine anche all'interno della vita scolastica, induce l'insegnante ad osservare il linguaggio e il comportamento dei propri alunni per poter intervenire in modo educativo quando necessario.

Analizzando più nello specifico i diversi tipi di ordine, sono state elaborate delle modalità di intervento ritenute utili a ristabilire delle interazioni più sane e costruttive.


1. CONCEDI

All'interno di un gruppo classe capita spesso di trovare alunni che lavorano in modo attento e puntuale, ma la cui principale preoccupazione sembra essere quella di aver compreso cosa viene richiesto loro per lo più in termini operativi, al fine di soddisfare l'insegnante, ottenere una buona valutazione e, di conseguenza, compiacere i genitori, più che se stessi. Manca un autentico coinvolgimento, il piacere di apprendere e di trame una gratifica personale. Questi alunni si rivolgono all'insegnante chiedendo :" Va bene?" oppure :" E' giusto?" ansiosi di ricevere conferma. Difficilmente cercano di migliorarsi o prendono l'iniziativa, non escono mai dagli schemi, dai confini del noto, non si espongono. Hanno la tendenza a scoraggiarsi e ad essere sostanzialmente insicuri rispetto alle loro capacità, pertanto preferiscono accontentarsi dei risultati raggiunti piuttosto che rischiare fallimenti che li screditerebbero agli occhi degli altri.

L'insegnante in questi casi rischia di dedicare poche attenzioni ad alunni "comodi", i quali, tutto sommato, fanno il loro dovere, non recano disturbo alla classe e sono facilmente gestibili. Invece risulta di primaria importanza scuotere la situazione, mettere gradualmente il bambino al centro della sua vita, sollecitandolo a scoprire che anche lui ha bisogni, capacità, aspettative, preferenze che vengono prima di quelle altrui. Occorre coinvolgere questi alunni nelle conversazioni, chiedere la loro collaborazione per aiutare i compagni, responsabilizzarli dando compiti che prevedano la ricerca di soluzioni personali, stimolarne lo spirito critico e di iniziativa, nonché affidare loro la gestione di piccoli gruppi.

2. SII PERFETTO

Gli alunni che manifestano di aver interiorizzato questo ordine sono spesso ansiosi, concentrati sul loro lavoro, precisi e puntigliosi. Tendono a mettersi in competizione con i compagni, soprattutto con quelli che sono bravi, non prestano particolare attenzione agli altri verso i quali si sentono talvolta superiori. Sono piuttosto selettivi, e preferiscono lavorare da soli.

Sentono un forte bisogno di riconoscimento, sono molto esigenti con loro stessi e basta poco per provocare reazioni di frustrazione anche rispetto ad un minimo insuccesso.

In questi casi l'insegnante potrebbe chiedere la collaborazione di questi alunni capaci per aiutare chi si trova in difficoltà e viceversa promuovere situazioni in cui siano questi stessi alunni ad avere bisogno del sostegno altrui, sottolineando l'esistenza di tipi diversi di intelligenza. Avviare attività di autovalutazione li aiuterebbe a prendere una maggiore consapevolezza dei propri punti di forza ma, inevitabilmente, anche dei punti di debolezza contribuendo così alla costruzione di una reale immagine di sé.

3. SII FORTE

I bambini che sono condizionati da questo ordine mantengono un comportamento apparentemente equilibrato. Tuttavia capita che talvolta abbiano delle reazioni o delle difficoltà cognitive difficilmente prevedibili. Questi bambini avrebbero bisogno di partecipare ad attività espressive che gli consentano di sperimentarsi in modi diversi, di utilizzare vari canali comunicativi.

4. SPICCIATI

Chi è abituato a vivere il tempo in modo problematico, come una dimensione depositaria di ansie e fatiche da affrontare giorno per giorno, sviluppa un atteggiamento insicuro, diventa incapace di gestire i propri tempi e i propri spazi di lavoro, ha difficoltà ad elaborare strategie per il raggiungimento di uno scopo. La percezione di sé e della realtà circostante risulta contusa e caotica e questo compromette l'espressione delle emozioni che possono prendere il sopravvento condizionando processi cognitivi, comportamenti, relazioni. Offrire a questi alunni validi strumenti metacognitivi rappresenta una preziosa opportunità per riscoprire una dimensione personale più vivibile in cui ci sia spazio per il gioco, la sperimentazione, l'esplorazione di sé e dei propri bisogni reali. L'alunno deve essere aiutato ad elaborare modalità organizzative efficaci al raggiungimento dei suoi obiettivi e a monitorare il suo percorso in modo progressivamente più autonomo attraverso l'abitudine all'autovalutazione.

5. TENTO DISPERATAMENTE

Gli alunni che hanno la tendenza a farsi condizionare da questo tipo di ordine hanno una scarsa autostima e una percezione di sé distorta dalle aspettative, dalle ansie, dai giudizi di chi li circonda. Non mostrano una particolare propensione o un interesse specifico, sono bambini annoiati, sfiduciati, che iniziano tante cose ma non ne portano a termine nessuna. Il loro impegno rispetto all'esecuzione di un compito è simulato, fingono di applicarsi, di faticare, si illudono in prima persona di non riuscire, di non essere in grado, si avviliscono facilmente e accettano passivamente la loro condizione, forti dell'alibi" non sono capace, è inutile".

L'insegnante dovrebbe interrompere questo circolo vizioso che cronicizza un atteggiamento rinunciatario rispetto alle proprie possibilità nella vita e portare l'alunno a superare la soglia di abbandono del compito. Potrebbe essere utile concordare il raggiungimento di semplici obiettivi che aiutino a comprendere che per ogni problema esistono delle soluzioni accessibili. Fornire dei percorsi individualizzati che diano un senso al risultato ma anche al processo, può contribuire a dare all'alunno una provvidenziale iniezione di fiducia, essenziale per uscire dalla logica del tentare e per entrare in quella del riuscire.

 IL CASO DI OLIVER

Oliver è un alunno della sezione di scuola dell’ infanzia in cui lavoro. Dopo aver osservato i comportamenti e alcune dinamiche relazionali che lo caratterizzano io e la mia collega abbiamo rilevato che questo alunno, tenendo in considerazione la teoria dell'analisi transazionale, potrebbe aver interiorizzato quello che viene definito ordine del tentare disperatamente. Oliver arriva a scuola ogni giorno annunciando che ha voglia di imparare, di disegnare, di fare; ma quando si passa all'azione e arriva il momento di lavorare, le cose non vanno come previsto. Oliver appare concentrato ma non si smuove, non inizia il lavoro come gli altri, lascia passare del tempo in modo inconcludente, oppure procede a rilento. Alla domanda :" Hai capito cosa devi fare?" lui risponde affermativamente e ripete le istruzioni in modo corretto. Oliver ha le capacità per fare quanto richiesto ma è come se scegliesse di non tenerne conto. Raramente riesce a terminare il compito assegnato e se gli vengono chieste spiegazioni risponde:" Tanto lo so che non  va bene, ho sbagliato tutto, lo posso rifare in un altro momento o a casa?"

Per poter lavorare in modo efficace Oliver sembra avere bisogno di un adulto, l’insegnante a scuola o i genitori a casa, che lo esorti continuamente, che assista alla sua fatica, al suo impegno, così che non lo si possa rimproverare di non applicarsi, se non riesce non è colpa sua.

Per aiutare Oliver a sviluppare l'autonomia necessaria al lavoro in classe noi insegnanti abbiamo pensato di:

• Assistere   più   da   vicino   Oliver   per  rassicurarlo   rispetto all'accessibilità del compito dandogli dei micro obiettivi che lui deve raggiungere in un tempo concordato.  Così  l'alunno dovrebbe sentirsi accudito dall'adulto anche se questi non è fìsicamente accanto a lui, come in una sorta di patto.

• Assicurarsi che Oliver riesca, anche se con tempi più dilatati, a finire quanto gli è stato assegnato a scuola in modo che possa accumulare esperienze positive circa la possibilità di concludere il lavoro, di vedere il prodotto della sua fatica, acquistando fiducia nelle proprie capacità. Coinvolgere la famiglia in modo che anche a casa i genitori ripropongano, per l'esecuzione di semplici attività, le stesse modalità usate dall'insegnante, che aiutino cioè il figlio a lavorare da solo controllando il suo operato di tanto in tanto.


CONSIDERAZIONI
La conoscenza dei tipi di ordine nonché dei giochi psicologici che possono condizionare le interazioni a scuola è un punto di partenza prezioso per imparare ad avere una visione delle dinamiche il più reale possibile. Sapere significa infatti riconoscere, riflettere sui vari casi, tenendo conto di aspetti altrimenti difficili da registrare in un contesto denso e complesso come quello che l'insegnante si trova a gestire ogni giorno. L'attenzione al singolo, alle sue caratteristiche, è una condizione necessaria per promuoverne la crescita a più livelli. Ogni alunno parla di sé con il linguaggio verbale, il corpo, i comportamenti, le espressioni del viso, la postura; lancia messaggi continui che non andrebbero sottovalutati ma che nella pratica vengono spesso lasciati andare, trascurati. Mancano a volte le energie necessarie per inquadrare una situazione in tutta la sua complessità, presi dalla conduzione del gruppo, della lezione, dalla varietà degli stimoli!

Mancano anche delle efficaci modalità di osservazione poiché osservare l'altro significa uscire da se stessi e attivare le capacità di empatia e di ascolto di cui un insegnante non può fare a meno. Occorre che l'adulto abbia una buona conoscenza di sé, dei propri limiti e delle proprie risorse, delle sue, prima che delle altre, modalità di comunicazione da cui non è possibile prescindere nel considerare le interazioni. In questo senso sembra più che mai utile l'attitudine all'autovalutazione per favorire la valutazione altrui. A questo momento di analisi personale deve poi seguire necessariamente il confronto, il dialogo, la collaborazione con il team, luogo di informazioni, di negoziazione, di elaborazione ragionata delle strategie. Nella pratica reale mi sembra che si dedichi poco tempo ad entrambi gli aspetti, del resto le richieste e le cose da fare sono davvero tante, mi chiedo quali sono i momenti che si potrebbero sfruttare meglio? Quando è possibile parlare di questi aspetti nella vita scolastica di tutti i giorni?

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