Progetti Didattici per la Scuola dell'Infanzia

Emozioni nascoste

Ciò che prevale nel modo di comportarsi del bambino nella particolare situazione di relazione, è un forte sentimento di Rabbia.

FASE A

Ciò che colpisce di tale comportamento è l’aspetto di aggressività ad esso soggiacente e il fatto che si verifichi in modo del tutto improvviso e inaspettato, mentre gli altri bambini stanno giocando. Di fronte a questo comportamento, ritengo che l’insegnante debba formulare una risposta di feedback che aiuti principalmente il bambino a riconoscere il particolare stato emotivo che sta vivendo (attribuendogli un significato), senza necessariamente colpevolizzarlo o giudicarlo. È importante che l’insegnante realizzi, con il proprio intervento, una sintonizzazione sul vissuto emotivo del bambino, che aiuti quest’ultimo a riconoscere ciò che può essergli accaduto a livelli più profondi e che gli consenta, così, di accettare con maggiore disponibilità le conseguenze del suo comportamento.

L’insegnante potrebbe formulare un intervento di questo tipo: “Mi sembra che tu sia molto arrabbiato… per aver lanciato quel gioco… vieni, calmiamoci un attimo, fai un bel respiro…”.

Questo tipo di messaggio attribuisce un significato emotivo al suo comportamento (la rabbia) e gli comunica che si è verificata quella sintonizzazione emotiva di cui sopra. Inoltre, consentendo di raggiungere un clima più disteso, lascia aperta la possibilità che il bambino spieghi, dal suo punto di vista, l’accaduto, senza bloccare il processo comunicativo con l’insegnante. Solo in un secondo momento, sarà possibile riflettere con lui sulle conseguenze del suo gesto e sull’appropriatezza di esso.

Questa risposta di feedback, che meglio si presta a comprendere gli stati emotivi del bambino, spesso si contrappone ad altri tipi di risposta:

  • Intervento autoritario (“Adesso rimani in silenzio e ripensa a quello che hai combinato”): comunica al bambino che i suoi sentimenti non sono importanti e che non è accettato e stimato così com’è.
  • Intervento di minaccia (“Smettila, chiedi scusa ai tuoi compagni, altrimenti non giocherai più con loro”): difficilmente la minaccia produce effetti educativi; generalmente evoca sentimenti di ostilità, favorendo una relazione passiva e superficiale.
  • Intervento giudicante (“Sei un bambino sciocco, non sai giocare con gli altri”): può far sentire il bambino inferiore e inadeguato, influenzando negativamente la sua autostima e il suo senso di sicurezza.
  • Intervento moralistico (“Non devi tirare gli oggetti, qualcuno può farsi male, bisogna giocare insieme agli altri, rispettarsi e volersi bene”): comunica scarsa fiducia nelle capacità del bambino, spingendolo a sottostare passivamente al potere dell’autorità o del giudizio altrui.

 Tutti questi interventi comunicano rifiuto, specialmente se espressi con atteggiamenti di rigidità e severità, e non aiutano il bambino ad attribuire un significato alle proprie reazioni emotive.

FASE B

In base alla teoria dell’iceberg, la rabbia, in qualità di sentimento manifesto e superficiale, nasconde sentimenti più profondi, che guidano il comportamento e le azioni delle persone. Nel caso sopra descritto, ipotizzo che la rabbia rappresenti un sentimento di copertura rispetto ai seguenti sentimenti latenti:

  • Delusione: è possibile che il bambino sia rimasto deluso dai comportamenti dei compagni che, escludendolo dal gioco, hanno scatenato in lui la reazione di rabbia.
  • Frustrazione: il bambino, escluso dal gioco dai compagni, si è presumibilmente sentito frustrato nel suo bisogno di entrare in relazione con loro; per questo motivo, se la prende con i compagni e, indirettamente, con l’oggetto del gioco, scagliandolo contro il muro.
  • Gelosia: il bambino può essersi sentito tradito nel vedere giocare i compagni senza di lui (magari anche il suo amico del cuore), provando conseguentemente rabbia e ostilità.
  • Paura: sentendosi escluso dal gioco, il bambino può aver sperimentato una delle paure fondamentali dell’infanzia, la paura di essere abbandonati o la paura della solitudine, ed aver reagito con rabbia per difendersi da tali paure.

FASE C

Programmazione di un’attività di “Educazione alle emozioni”

Ho proposto e realizzato nella sezione 8 della Scuola dell’Infanzia di Carnate un’attività di “Educazione alle emozioni”, avente i seguenti obiettivi:

  • Identificare e denominare i sentimenti
  • Esprimere i sentimenti
  • Riconoscere le diverse espressioni del viso (e, più in generale, i segnali non verbali) connessi all’espressione delle emozioni

L’attività, denominata “Disegniamo le emozioni”, ha richiesto a ciascun bambino di disegnare situazioni specifiche nelle quali sono coinvolte due emozioni di segno opposto: la felicità e la tristezza.

Il foglio, fornito ad ogni bambino, è stato suddiviso in due parti: la parte sinistra “Sono felice quando…” e la parte destra “Sono triste quando…”.

All’attività di disegno, svolta individualmente, ha fatto seguito un momento collettivo di conversazione, durante il quale ciascun bambino ha raccontato ai compagni le situazioni disegnate (Ad esempio, “sono felice quando gioco con i miei compagni”, “sono triste quando la mamma mi sgrida”).

Con l’aiuto delle insegnanti, i bambini hanno, altresì, identificato le diversità nell’espressione mimico-facciale (e, più in generale, nell’espressione corporea) in funzione dell’emozione espressa:

  • la bocca sorridente, contrapposta alla bocca “all’ingiù”;
  • le lacrime, in caso di tristezza;
  • lo sguardo rivolto verso il basso (quando, ad esempio, si prova tristezza in seguito ai rimproveri dei genitori);
  • la posizione del corpo “rannicchiato/ripiegato” quando si è tristi, contrapposta ad una maggiore rilassatezza quando si è felici;
  • la diversa occupazione degli spazi fisici (in un angolo quando si è tristi; in relazione con gli altri quando si è felici).

FASE D

Nel contesto scolastico si intrecciano numerosi bisogni e sentimenti, che contraddistinguono entrambi i poli dell’interazione educativa: insegnante e alunno. Se, da un lato, le azioni educative dell’insegnante sono costantemente mosse dal suo bisogno di autorealizzazione dall’altro, le risposte del bambino sono fortemente influenzate dai suoi bisogni sociali, relazionali, dai bisogni di sicurezza, nonché da una vastissima gamma di emozioni, che variano considerevolmente da un momento all’altro.

Nel corso della mia esperienza professionale nella Scuola dell’Infanzia mi sono ripetutamente trovata di fronte a situazioni molti simili a quella descritta nel caso di cui sopra. La sezione in cui insegno ormai da un anno circa è composta da bambini dell’età di 4 anni, che hanno trascorso il primo anno di scuola senza avere al loro fianco due insegnanti stabilmente presenti (si sono susseguite decine di insegnanti supplenti). La mancanza di precedenti figure di riferimento per i bambini ha reso ancora più difficoltoso il mio primo impatto con loro: completamente allo sbaraglio, senza avere la minima idea di cosa volesse dire la parola “regola”, molti bambini hanno inizialmente manifestato il loro disagio sotto forma di comportamenti aggressivi (morsi dati ai compagni durante il gioco senza alcun motivo apparente, oggetti scagliati contro il muro e i compagni, lanci di sedie durante le attività in classe…).

In situazioni di questo tipo, che creano inevitabilmente momenti di grande tensione all’interno della classe, sono prevalsi in me sentimenti diversi: la rabbia, la delusione, ma anche la frustrazione per non essere stata spesso in grado di evitare che tali situazioni si ripresentassero. Tra le modalità di intervento sperimentate, ritengo che solo un messaggio finalizzato a comprendere lo stato emotivo del bambino e a sintonizzarsi su di esso sia realmente efficace. Interventi eccessivamente autoritari o di minaccia bloccano qualsiasi modalità di comunicazione con il bambino e spesso producono una reazione di sfida, che aumenta ulteriormente la tensione e provoca una chiusura relazionale. Aiutare il bambino a comprendere la sua emozione attuale, in un clima disteso e rilassato, gli consente, inoltre, di raccontare ciò che è accaduto e di riflettere con calma sull’adeguatezza o meno del suo comportamento.

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