Si intende per ipovedente la persona portatrice di una disabilità visiva di entità tale da non consentire lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana. Questa disabilità consegue ad una patologia irreversibile, che non può essere migliorata attraverso trattamenti farmacologici, chirurgici, né corretta mediante lenti convenzionali. L’ipovedente è il destinatario elettivo di interventi che, nel loro insieme, vengono definiti riabilitazione funzionale e visiva.
Obiettivo essenziale di questa riabilitazione è quello di conservare le potenzialità visive residue, ottimizzandone l’uso per il mantenimento dell’autonomia, delle attività proprie dell’età e di un livello di vita soddisfacente.
La più importante distinzione operativa in questo settore concerne la differenza esistente tra soggetti in età evolutiva e soggetti in età adulta, sia in relazione agli obiettivi di intervento sia in relazione alle modalità di attuazione dei trattamenti. Per l’età evolutiva, l’obiettivo può essere infatti definito più specificamente in termine di prevenzione secondaria (ovvero prevenzione delle interferenze della disabilità visiva sullo sviluppo) e di piena realizzazione delle potenzialità.
Da quanto premesso, da un punto di vista operativo, emerge la necessità di suddividere ulteriormente le due principali fasce d’età (evolutiva e adulta) in relazione ai differenti bisogni:
ETÀ EVOLUTIVA:
I e II infanzia (0 – 12 anni): Riabilitazione visiva degli altri sensi finalizzata alla promozione dello sviluppo globale.
Questi pazienti presentano bisogni riabilitativi molto più complessi rispetto all’adulto perché l’ipovisione, oltre a determinare una disabilità settoriale, interferisce con numerose aree dello sviluppo e dell’apprendimento.
In particolare, l’ipovisione congenita o precoce determina una situazione di rischio per lo sviluppo delle seguenti funzioni e competenze:
- organizzazione del ritmo sonno-veglia
- strutturazione del rapporto madre-bambino
- competenze oculomotorie, motorie e psicomotorie
- competenze cognitive (categorizzazione, processi analitico/sintetici, rappresentazione mentale)
- funzioni neuropsicologiche (attenzione e memoria)
- competenze relazionali, comunicative e linguistiche
- apprendimento formale
Un altro elemento di specificità dell’ipovisione infantile consiste nel fatto che un danno visivo congenito o precoce dovuto ad alterazioni prechiasmatiche può impedire l’organizzazione dei circuiti cerebrali preposti alla visione.
Questa evenienza dà luogo a quadri clinici estremamente complessi sia sul piano diagnostico che riabilitativo, considerata anche la difficoltà (o impossibilità) di collaborazione dei pazienti alle indagini clinico-strumentali ed ai trattamenti.
Infine, è opportuno ricordare che le minorazioni visive della prima infanzia sono spesso associate ad altri "handicap". Per esempio, patologie come la paralisi cerebrale infantile ed il ritardo mentale sono associate a danno visivo di varia entità nel 65-70% dei casi.
Per contro, la plasticità del S.N.C. infantile può consentire recuperi funzionali più significativi di quelli che si verificano nell’adulto, a condizione che la presa in carico riabilitativa venga condotta sulla base di una duplice competenza: quella di tipo oftalmologico e quella relativa allo sviluppo delle funzioni neurologiche e neuropsicologiche.
Concetti Topologici
La reale acquisizione dei concetti topologici è estremamente importante e indispensabile per il bambino disabile visivo, per la sua organizzazione personale del corpo, dello spazio, degli oggetti e della loro locazione; insieme concorrono a formare il processo di conoscenza e di rappresentazione a livello mentale di tutto ciò che comprende l'ambiente vissuto dal bambino.
I concetti topologici che rispecchiano lo sviluppo del bambino nella scuola dell'infanzia sono:
- DENTRO-FUORI
- SOPRA-SOTTO
- VICINO-LONTANO
- ALTO-BASSO
- DAVANTI-DIETRO
- ALTO-SINISTRA BASSO-SINISTRA
- ALTO-DESTRA BASSO-DESTRA
- ANGOLI (alto a destra o a sinistra ecc.)
Le fasi d'acquisizione che permettono al bambino disabile visivo di interiorizzare in maniera corretta tutte le innumerevoli informazioni che gli provengono dall'esterno, a volte con estrema rapidità, le possiamo riassumere in questo modo:
Proporre inizialmente esperienze soggettive, corporee, concrete all'interno dell'ambiente scolastico meglio conosciuto dal bambino, sempre coordinate e supportate dall'insegnante;
Trasferimento dei concetti topologici al mondo degli oggetti, iniziando da quelli conosciuti dal bambino, che stimolino il suo interesse e la sua curiosità;
Utilizzazione dei concetti topologici acquisiti nell'ambiente per ritrovare i giochi presenti in classe, le proprie cose, per discriminare i diversi angoli che caratterizzano l'interno della classe e l'esterno, l'orientamento motorio e statico.
La reale e significativa comprensione di questi concetti topologici sarà la base di qualsiasi iniziale approccio alla conoscenza d'oggetti o ambienti nuovi, potendo percepire la relazione e il rapporto fra il bambino, l'oggetto e quindi la sua conoscenza, la sua discriminazione e la sua dislocazione nello spazio.
Lateralità
L'insegnante osserverà durante le attività e il gioco libero, la preferenza nel bambino disabile visivo ad utilizzare maggiormente la parte destra o quella sinistra; sarà questo un importante aiuto per verificare in un contesto diverso il reale utilizzo o la probabile confusione iniziale che accompagna ogni bambino nella reale comprensione di questa abilità.
Le fasi che accompagnano l'esecuzione d'attività gioco per l'acquisizione della lateralizzazione sono:
riconoscere la destra e la sinistra sul proprio corpo (quello che si trova a destra e quello che si trova a sinistra);
riconoscere la destra e la sinistra nello spazio (a destra troviamo l'armadio a sinistra la cesta delle costruzioni);
riconoscere la destra e la sinistra effettuando delle rotazioni 180 gradi, 360 gradi, 90 gradi.
Individuata la parte dominante, si possono fare degli esercizi che utilizzano solo la destra o solo la sinistra, tutto quello che troviamo nella parte e viceversa; successivamente giocare toccando e denominando tutto quello che troviamo a destra o a sinistra; in un secondo tempo ci possiamo aiutare con i suoni. Per quanto riguarda la rotazione si parte da quella più semplice che èquella di 180 gradi: è indispensabile che sia ben chiaro il punto di partenza: "all'inizio davanti c'era l'armadio dopo c'è il tavolo, cosa c'era a destra? Cosa c'era a sinistra?".
La discriminazione deve comprendere anche la destra e la sinistra nello spazio vicino al bambino e a quello lontano; gradualmente possiamo anche utilizzare i riferimenti acustici, che si differenziano in modo chiaro (tamburo - campanello). Anche questa conoscenza e discriminazione diverrà per il bambino una ulteriore informazione per il suo personale processo di conoscenza e di mobilità autonoma.
Sviluppo Immaginativo - motorio
L'orientamento costituisce per il non vedente la mediazione fra se stesso e la realtà; questa relazione con l'ambiente è resa possibile da esperienze senso-percettive e dall'immaginazione.
Orientamento dinamico: movimento all'interno dell'ambiente.
Orientamento statico: conoscenza delle proprie posizioni in un ambiente. Si possono fare insieme al bambino molti esercizi-gioco per esplorare e discriminare l'ambiente interno, che si allarga e si completa sempre di più a tutto lo spazio interno ed esterno. Occorre trovare e mantenere stabili tutti i punti di riferimento, che potranno essere riproposti simbolicamente, per esempio all'interno di una scatola; se il bambino sbaglia non va corretto, vanno invece riviste le proposte concrete, sul casellario Romagnoli e sul cuscinetto.
L'insegnante proporrà giochi per memorizzare i tragitti essenziali e utili al bambino prima all'interno e poi all'esterno della classe, imparando ad orientarsi in modo consapevole utilizzando i concetti topologici e la lateralità, fino ad arrivare alla rappresentazione mentale dell'ambiente.
Sviluppo senso - percettivo
Quando si parla di sviluppo senso percettivo non s'intende solo quello sensoriale, ma l'insieme di tutti i dati sensoriali che la realtà ci fornisce e la nostra capacità di riutilizzarli. Occorre educare e stimolare in maniera corretta i sensi residui, che non si sviluppano spontaneamente. Il tatto è il senso maggiormente utilizzato dal bambino disabile visivo per la conoscenza degli oggetti, prima di quelli grandi e poi piccoli; occorre però educare la mano: saper toccare, esplorare, conoscere, esprimere attraverso la mano. La conoscenza dell'oggetto all'inizio è globale, la mano si deve abituare al movimento, da quasi totalmente atona deve divenire ben tonificata e coordinata. La mano del bambino conosce e riconosce attraverso diversi tipi di prensioni:
- prensione palmare: gioco con i mattoni o con le costruzioni grandi;
- prensione digitale: infilare perle di diversa grandezza, casellario Romagnoli;
- prensione a pinza: gioco dei chiodini, cuscinetto e spilli;
La conoscenza degli oggetti può avvenire attraverso: