Frutto della fantasia del bambino, questo compagno è di solito una persona umana, ma può essere anche un oggetto personificato; in ogni caso la caratteristica principale di questo amico è di essere visibile solo dal suo inventore, il quale interagisce con lui proprio come se fosse reale.
Questi personaggi invisibili erano visti come fantasie prodotte da un ristretto numero di bambini insicuri che cercavano così di compensare la mancanza di amicizie reali. Alcuni studi psicoanalitici hanno invece individuato una funzione psicologica positiva del compagno immaginario: esso permetterebbe al bambino - attraverso un meccanismo difensivo - di separare ed allontanare da sé caratteristiche inaccettabili, assegnandole al compagno immaginario...
Già nel 1945 Piaget durante le osservazioni condotte sullo sviluppo del gioco simbolico della sua primogenita (Piaget, fondatore della epistemologia genetica dello sviluppo infantile sotto il punto di vista genetico, usava osservare i propri figli nel corso dei suoi studi) aveva colto l’emergere di alcuni personaggi immaginari attribuendo ad essi funzioni evolutive diverse a seconda della natura (umana e non) del compagno immaginario: stimolo e rassicurazione, consolazione, compensazione, coadiuvante nell’attività moralizzatrice dei genitori.
Analizzando l’ipotesi della funzione compensatoria, cara agli studiosi di orientamento psicanalitico, si è visto che ad avere un compagno immaginario sono più i bambini figli unici ma nel caso con fratelli, i primogeniti; oppure bambini con qualche difficoltà a stringere rapporti al di fuori della parentela (fratelli o cugini).
Alcuni autori, osservando il modo di giocare, sostengono che i bambini con compagno immaginario sembrano ricevere beneficio a vari livelli: sono più creativi dei loro coetanei, più continui e perseveranti nell’attività ludica e più inclini alla collaborazione sia con i compagni reali che con gli adulti. Le loro relazioni amicali reali inoltre sembrano caratterizzate da una intensità e da una intimità maggiori di quelle dei coetanei senza amici immaginari.
Torniamo quindi alla ipotesi avanzata da Piaget che il compagno immaginario sia una specie di “banco di prova”, in cui il bambino può esercitare ed affinare le proprie competenze relazionali senza mettere a repentaglio la propria autostima e l’immagine di sé.