A quale età si può iniziare ad andare a scuola e quando è meglio farlo, per un corretto sviluppo emotivo e cognitivo? Una domanda che si pongono tutti i genitori: dai sostenitori dell’anticipo, che iscrivono i figli in prima elementare a poco più di cinque anni, ai fautori dell’attesa, secondo cui sarebbe bene aspettare anche oltre i sei anni. Chi ha ragione?
Scorrendo i dati raccolti dalle varie esperienze educative, pare davvero meglio non mandare i bimbi a scuola troppo presto. Uno studio ad esempio ha dimostrato che alla fine delle elementari i voti di chi ha iniziato l’insegnamento formale molto presto sono peggiori rispetto a quelli dei bimbi a cui è stato consentito di giocare più a lungo: questo perché nei bambini piccoli l’approccio «giocoso» all’apprendimento è più efficace delle classiche lezioni della scuola vera e propria.
GIOCO – Proprio il gioco è infatti la chiave per capire perché non sia il caso di anticipare troppo l’ingresso nelle aule: molti studi nelle discipline più disparate, dall’antropologia alla psicologia, dalle neuroscienze alla pedagogia, hanno dimostrato che il gioco è una modalità scelta dall’evoluzione per aiutare gli umani a imparare meglio e ad «allenarsi» a risolvere i problemi. Giocare aumenta le connessioni cerebrali, soprattutto nel lobo frontale dove risiedono molte funzioni superiori, e gli psicologi evolutivi hanno identificato almeno due meccanismi che rendono questa attività «da bambini» così preziosa per l’apprendimento. «Nel gioco i bimbi spesso fingono che un oggetto sia qualcos’altro: una capacità esclusivamente umana fondamentale per il linguaggio, il disegno e tutte le attività di comunicazione a base di simboli. Un apprendimento attraverso il gioco facilita perciò lo sviluppo di capacità fonologiche e linguistiche».Questo non è però il solo motivo che rende il gioco sociale, fisico o di qualsiasi altro genere così importante per i nostri figli: aiuta infatti i bambini a diventare man mano più consapevoli delle proprie abilità motorie e mentali, portandoli a essere sempre meno dipendenti dal supporto dell’adulto e in grado di gestirsi da soli nelle diverse situazioni. Il gioco insomma «allena» alla vita vera ed è perciò un momento fondamentale per lo sviluppo emotivo e intellettivo dei bambini, un passaggio indispensabile prima di arrivare sui banchi.
DATI – Si può obiettare che anche i piccoli che entrano in classe a quattro o cinque anni in fondo hanno potuto giocare, fino a quel momento: il fatto è che i bimbi hanno bisogno di un periodo più lungo lontani dall’insegnamento formale per poter poi essere davvero pronti a sostenerlo, emotivamente e intellettualmente. Non a caso una ricerca inglese del 2004 su 3000 bimbi ha dimostrato che estendere il periodo di scuola materna basata sul gioco migliora i risultati e il benessere degli studenti durante tutto il ciclo della scuola primaria; un’indagine svolta in Nuova Zelanda, inoltre, ha sottolineato che iniziare a studiare a cinque anni fa sì che poi, a undici anni, il bimbo sia meno interessato alla lettura e addirittura meno in grado di comprendere i testi scritti rispetto a coetanei andati alle elementari a sette anni. Infine, uno studio su quindicenni di 55 Paesi ha confermato che iniziare troppo presto non ha alcun effetto sui risultati scolastici nel lungo periodo, mentre alcuni avanzano perfino l’ipotesiche l’abbandono troppo precoce del gioco libero possa contribuire ad aumentare lo stress e i problemi mentali in bambini e ragazzi. Morale, chi teme che un bimbo di cinque anni all’asilo stia solo «perdendo tempo» farà bene a ricredersi: si può iniziare a studiare anche a sette anni senza per questo restare indietro o riuscire meno bene nella vita. Anzi, giocare un po’ più a lungo da piccoli forse ci rende perfino più «intelligenti» e creativi.